Hyphae è un viaggio nel microcosmo sotterraneo di funghi, licheni e muschi: organismi invisibili ma vitali, che intrecciano reti di relazioni simbiotiche fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema. Questa fonte inesauribile di ispirazione prende forma attraverso la ricerca di un dialogo profondo e intimo tra danza e musica in scena. Il corpo diventa micelio, tessuto vivente che canta e vibra, polifonia fisica e vocale, “canto metabolico” che fonde memoria personale e memoria primordiale e universale.
Merlin Sheldrake, autore di Entangled Life – How Fungi Make Our Worlds, parla del micelio come di una “melodia” polifonica, irriducibilmente molteplice e plurale, e delle ife, le cellule che lo compongono, come flussi di incarnazione, processi in divenire, privi di una pianificazione centralizzata, dai quali però emergono forme. Allo stesso modo ogni parte del corpo si muove come se appartenesse a corpi diversi, ma in armoniosa collaborazione, trasformando il singolo corpo in una presenza polifonica.
Il processo metabolico dei funghi offre un modello per comprendere la memoria non come un archivio statico, ma come una pratica viva di elaborazione. Come i funghi decompongono la materia per renderla di nuovo fertile, la memoria del corpo opera come un metabolismo continuo dell’esperienza, oscillando tra sedimentazione e rigenerazione. In questo modo, la scrittura coreografica nasce da un corpo che ricorda trasformandosi, metabolizzando momenti vissuti, tracce e relazioni.
L’intreccio che unisce ogni elemento in scena riflette l’ordine sublime e il caos generativo della vita nel sottobosco. Il micelio, invisibile rete sotterranea che collega alberi, radici e funghi, può essere visto come una metafora della memoria incarnata. Proprio come il micelio elabora informazioni biologiche dal suolo per generare nuova vita, la memoria risiede nel corpo non come un archivio ordinato, ma come una rete sotterranea di tracce, sensazioni, gesti e intuizioni. Questa memoria non è sempre accessibile alla coscienza; agisce piuttosto come una forza sotterranea, trasformando le esperienze passate in materiale fertile per la creazione. La danza, allora, nasce da questo paesaggio interiore, da un corpo che “ricorda” non pensando, ma muovendosi e lasciando che il gesto affiori da strati profondi.
In questa visione, il corpo danzante diventa un ecosistema sensibile, in cui memoria e movimento sono in uno stato continuo di scambio metabolico.
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