dal 24 Ottobre al 25 Ottobre Ascoli Piceno (AP)338 2812334
dal 24 Ottobre al 25 Ottobre Ascoli Piceno (AP)338 2812334
Descrizione
Compie dieci anni APP – Ascoli Piceno Present, festival multidisciplinare delle arti sceniche contemporanee di Ascoli Piceno in scena il 24 e 25 ottobre su iniziativa del Comune di Ascoli Piceno con l’AMAT e il sostegno di Regione Marche e MiC. Il programma - dal pomeriggio a notte con 11 spettacoli nei magnifici spazi della città - offre la consueta full immersion nel teatro, musica e danza dell’oggi, punto di arrivo di una programmazione che pone l’attenzione sui nuovi linguaggi della scena, occasione privilegiata per quanti amano confrontarsi con le espressioni più significative del presente
Il lungo viaggio di APP si apre venerdì 24 ottobre alle ore 19 al Teatro dei Filarmonici con Fragili Film – Solo agli specchi, tappa di RIC.CI Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni ‘80/’90 – progetto ideato e diretto da Marinella Guatterini - dedicata a Marianna Troise, alla sua insaziabile passione per una danza forte e leggera, per l’acrobazia, le arti visive, la poesia, la parola e gli incontri con artisti, critici, gente di strada, clochard. Fragili Film – Solo agli specchi è lo scorcio riassuntivo di un’attività polimorfa e poliglotta; la parola di Milli Graffi s’imbeve nel movimento e ne è imbevuta. «In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco»: Alessandro Serra in Tragùdia. Il canto di Edipo alle ore 21.15 al Teatro Ventidio Basso riscrive il mito di Edipo per il pubblico di oggi, usando il testo antico come canale di connessione con una dimensione più alta e collettiva del sapere. Una delle band più acclamate del momento, Širom - Iztok Koren, Samo Kutin e Ana Kravanj - suonano alle ore 23 alla Chiesa di San Pietro in Castello un folk "immaginario" e "proveniente da un universo parallelo" come amano dire loro stessi; o un "folk che sembra folk ma non lo è", come ha scritto qualcun altro. D'altronde è già detto tutto nel loro nome: in sloveno širom significa "andare lontano" e "dappertutto" e questa ampiezza semantica rende bene l'idea di una musica in movimento, capace di cogliere e intrecciare modi e influenze eterogenee, riportando la molteplicità a sintesi.
Sabato 25 ottobre si fa denso il programma di APP sin dalla mattina alle ore 12 al Ridotto del Teatro Ventidio Basso con il concerto di Nino Gvilia, alter ego di Giulia Deval. La su musica è influenzata da folk e minimalismo: con l’uso di nastri magnetici, field recordings, voci di filosofe, una serie di strumenti bizzarri dalla texture vintage e canoni corali canta di foreste, corpi che si amano in modi inconsueti e allucinazioni e si domanda anacronisticamente se le folk songs possano ancora veicolare contenuti sentimentali e politici agendo sul nostro desiderio. Dedica alle ore 15.30 alla Sala della Vittoria della Pinacoteca Civica è un progetto ideato dalla danzatrice Sara Sguotti che si sviluppa attraverso l’invito a instaurare un dialogo autentico con uno spazio fisico e un suono unico, esclusivo e irripetibile. Ogni volta, la struttura dell’opera è profondamente influenzata e modellata dall’ambiente in cui prende vita, trasformandosi in una partitura che si lascia guidare dall’architettura dello spazio stesso. Mammut. Vita e morte di un’intelligenza artificiale, terza commedia di Fartagnan Teatro, al Teatro dei Filarmonici alle ore 17 vuole esplorare con toni comici e a volte grotteschi il tragico rapporto fra l'uomo e le intelligenze artificiali e grazie al potere della risata indagare in modo leggero - ma non superficiale - la ricerca della propria identità in un mondo sempre più automatizzato e alienante. Federica Rosellini, musicista e performer, alla Chiesa di San Pietro in Castello (ore 19), con la sua strumentazione elettronica in Ivan e i cani dice e compone, mescida la voce della propria madre registrata in russo con melodie, nenie e pulsazioni ritmiche, traccia con le dita la partitura sonora nella quale si perde con le parole e con il corpo; un “a solo” dolce e disperato, uno spettacolo tenerissimo, un canto d’anima intimo, personale, capace di raccontare, inaspettatamente, l’infanzia di tutti noi. «A Palermo, tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra». Partendo dalla cronaca degli anni Ottanta e dalle bombe del ‘92, intorno alla quale costruisce una coinvolgente intelaiatura biografica, Davide Enia in Autoritratto al Teatro Ventidio Basso alle ore 21.15 traccia «un autoritratto intimo e collettivo» di una comunità costretta a convivere con la continua epifania del male. La conclusione di APP alle ore 23 alla Chiesa di Sant’Andrea è con Sconfinamenti, incontro tra due eclettici artisti della scena italiana, Rodrigo D’Erasmo (musicista membro della band Afterhours) e Nicola Galli, esponente dell’attuale nouvelle vague della danza contemporanea italiana. In uno spazio di improvvisazione si dipana il dialogo sulla soglia dei rispettivi linguaggi artistici per comporre una partitura coreografico-sonora nell’istantaneità del gioco.
Abbonamenti in vendita dal 10 settembre: intero festival 50 euro, 4 spettacoli al Teatro Ventidio Basso e al Teatro dei Filarmonici 30 euro. Informazioni, prenotazioni e prevendite biglietteria del Teatro 0736 298770, AMAT 071 2072439, on line su www.vivaticket.com. Infoline 338 2812334, attiva i giorni del festival.
VENERDÌ 24 OTTOBRE
H 19 TEATRO DEI FILARMONICI
FRAGILI FILM SOLO AGLI SPECCHI
PROGETTO RIC.CI - Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni ‘80/’90
PROGETTO RIC.CI RECONSTRUCTION ITALIAN CONTEMPORARY CHOREOGRAPHY ANNI ‘80-’90 ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini organizzazione e comunicazione Silvia Coggiola fotografie Alberto Calcinai
FRAGILI FILM / SOLO AGLI SPECCHI regia e coreografia Marianna Troise riallestimento a cura di Marianna Troise e Susanna Sastro coordinamento Gennaro Cimmino e Rebecca Curti interpretazione Maria Avolio, Mariapia Capasso, Ludovica Zoina costumi Carla Colarusso musiche originali Daniele Sepe light designer Gianluca Sacco re - edit musiche a cura di Vito Pizzo realizzazione scene Ciro Rubinacci produzione KÖRPER | Centro Nazionale di produzione della danza coproduzione Campania Teatro Festival in coproduzione con Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee Ravenna Festival, Torinodanza festival | Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura Fondazione Toscana Spettacolo onlus in collaborazione con Fondazione Milano – Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi”
RIC.CI RECONSTRUCTION ITALIAN CONTEMPORARY CHOREOGRAPHY ANNI ‘80-’90 ideazione Marinella Guatterini
Nato da un osservatorio a carattere internazionale e da generali premesse, il Progetto RIC.CI punta a dare risalto e dunque a (ri) mettere in moto la memoria della danza contemporanea italiana dall’inizio degli anni Ottanta sino alla fine dei Novanta. In un Paese cui la memoria fa difetto in molti ambiti, non solo quello culturale o performativo, questo capitolo del nostro passato artistico è infatti pressoché dimenticato, ma in esso risiedono i germi di una creatività tutta italiana e di una capacità di progetto, - spesso in bilico tra danza, arti visive, poesia e letteratura -, nsorprendentemente originale. Tutta la danza contemporanea italiana odierna necessita di poggiare su di un'impalcatura di “pensiero in movimento”, per citare Rudolf Laban, che l’ha preceduta e costituisce la sua propria “tradizione del nuovo”, acquisendo, in questo modo, un peso specifico maggiore tra le arti performative nel nostro Paese e all’estero.
Gli obiettivi del Progetto RIC.CI, ideato nel 2010 e solo un anno dopo, nel 2011, già al nastro di partenza, non sono stati sino ad oggi delusi. Anzi, raggiunti e superati più di ogni rosea speranza. Ciò si deve non solo alla forza di un'idea, probabilmente necessaria al di là di chi l’ha stesa, ma anche al costruttivo scambio, per una volta culturale e artistico, con organizzatori italiani di prim'ordine.[…] Fermamente convinta che le idee più forti e calzanti in un'epoca storica non possano che meglio perfezionarsi in una collettività di “pensatori” disposti anche a battersi e a confrontarsi con irruenza e passione per sostenere opinioni convergenti o divergenti, il Progetto RIC.CI - Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni '80/'90 vede sino ad ora realizzati almeno quattro dei suoi iniziali Leitmotive.
Il primo: è evidenziare e rendere chiaro da dove sono partiti taluni importanti coreografi italiani oggi sicuramente riconosciuti come tali.
Il secondo: è facilitare quel passaggio di consegne a giovani emergenti in qualità di interpreti di coreografie del passato, ma anche di assistenti alla ricostruzione delle pièce prescelte.
Il terzo: permane la restituzione al pubblico italiano, - tra l'altro, e per fortuna, molto più aduso a fruire e ad apprezzare la danza contemporanea di quanto non lo fosse trenta o vent’anni or sono - di coreografie o performance dalla certa e inossidabile forza espressiva. Taluni spettatori “maturi” ne serberanno il ricordo, per altri si tratterà di novità assolute.
Il quarto: è la creazione di un esemplare “corpus” coreografico, esportabile anche all’estero, in cui la danza italiana di ricerca e/o contemporanea mostri di avere una storia e una tradizione di indiscutibile valore […].
Marinella Guatterini
FRAGILI FILM
In un momento assai pesante della mia vita, mi è stato richiesto di riprendere un lavoro degli anni ‘80, il lavoro di una giovane donna che, spudoratamente, si raccontava rubando senso e valore alle parole della poesia di Milli Graffi, attraversandole e donando nuovo egoistico significato al suo Fragili Film… cambiai anche il mio titolo rubando quello di Milli… era molto più bello! Ma il gioco dello specchio era iniziato quando creai il Solo agli specchi inserito nel mio omaggio al lavoro dell’artista Gianni Pisani, mio marito e grande amore della mia vita. Già allora l’esperienza era quella di forzare il segreto dell’altro, entrare nell’enigma, far parte del gioco, essergli fatale e così, in questo pedinamento fascinoso e pericoloso cercavo le mie tracce, allora come ora, nell’illusione della danza mia… Marianna Troise
È un lavoro che si sviluppa su due livelli, due zone di intervento e speculari. La poetessa Milli Graffi dice nelle sue note: “La parola è sempre una traccia, un sintomo, un segmento di perdute munificenze e completezze. Il coccio, il frammento scelto e focalizzato tra altri, contiene impliciti percorsi interni, volute e rotondità, o spigolosità consone ad una struttura ormai sommersa, mancante; nella traccia è utilizzabile sia il limite residuo di quella struttura, sia la libertà di capovolgere o modificare la funzione. Non c’è grande differenza tra le tracce proprie, personali, i sedimenti inconsci e …quelle altrui, intelligibili, impenetrabili, fraintendibili”. La mia operazione è stata quella di saccheggiare le sue parole e unirle alle mie, svuotarle del loro primo significato e regalargliene un altro. “Il deserto” della pagina bianca di Milli diventa il deserto del mio spazio vuoto; ma “andando a vedere”, i deserti vivono nei nostri segni, sottratti all'accesso di senso. Il gioco dello specchio continua, più intrigante che mai; oggi non è più solo il mio riflesso che vedo, ma le sue parole saccheggiate che mi ritornano (in)contro, cariche del mio gesto, aggredite dalla mia esuberanza. La sezione orizzontale di questo “gioco al rimbalzo” è il “momento dell’altrove”, della finzione scenica che cattura il progetto della parola e lo tradisce in un effetto che lo tradisce nel suo prodursi. Sub-Bus è dunque il mio tradimento a Fragili film. Nel gioco dei contrasti tra il prima e il dopo, il dentro e il fuori, il pieno e il vuoto, percorro una pista già nota e vado … “al mio ritorno”. Attraverso le metafore, le immagini, i vagabondaggi della mente e del cuore, cerco l’inizio del “ciclo magico” che non si arrende mai e che la morte “dettaglio fatale” determina e inscrive in un circuito bloccato, chiuso nel rapporto “inesorabile ed uguale “della madre e del suo frutto, della terra e del suo figlio…”. Marianna Troise VENERDÌ 24 OTTOBRE
H 21.15 TEATRO VENTIDIO BASSO
TRAGÙDIA IL CANTO DI EDIPO
di Alessandro Serra liberamente ispirato alle opere di Sofocle, Euripide Aristofane, Seneca e altre fonti per il racconto del mito con Alessandro Burzotta, Salvo Drago, Francesca Gabucci, Sara Giannelli Jared McNeill, Chiara Michelini, Felice Montervino scrittura di scena Alessandro Serra traduzione in lingua grecanica Salvino Nucera voci e canti Bruno De Franceschi produzione Sardegna Teatro, Teatro Bellini ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Due Parma in collaborazione con Compagnia Teatropersona, I Teatri di Reggio Emilia
nello spettacolo è previsto l’utilizzo di luci stroboscopiche spettacolo in lingua grecanica con sovratitoli in italiano
Il linguaggio è ciò che vogliamo dire. Italo Calvino
Macerie. In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco. Ciò che resta della tragedia: parole senza suono. Ciò che resta della polis: una società di estranei. Ciò che resta del rito: una drammaturgia spenta. Ciò che resta di un mito: una storiella venuta a noia. Ciò che resta di un eroe: un personaggio fuori fuoco. Il canto di Edipo si edifica sulle macerie.
Scrive Antifane nella commedia Poiesis:
La tragedia è un'arte fortunata, perché gli spettatori conoscono l'intreccio già prima che il poeta lo racconti, basta ricordarglielo. Appena pronunziato il nome di «Edipo», già si sa tutto il resto - il padre Laio, la madre Giocasta, le figlie, i figli, che cosa ha sofferto, la sua colpa.
Come ricostruire oggi quel sapere collettivo che esonerava il poeta tragico dal dover volgere in prosa il mito e lo legittimava a sollecitare immediate visioni nel pubblico? Come compiere il tragico oggi? Quale linguaggio è, ciò che tramite Sofocle, vogliamo dire allo spettatore? E in quale lingua? Il greco di Sofocle era volutamente alto e musicale, una lingua che ci strappa dal piano di realtà e ci pone su un livello di trascendenza. Come consegnare al pubblico la drammatizzazione perfetta del mito perfetto in una lingua non ostile e concettuale ma musicale, istintiva e sensuale? L’italiano sembra abbassare il tragico a un fatto drammatico. Abbiamo perciò scelto il grecanico, lingua che ancora oggi risuona in un angolo remoto di quella che fu la Magna Grecia, una striscia di terra che dal mare si arrampica sull’Aspromonte scrutando all’orizzonte l'Etna. Vestigia sonore di un antico greco oggi parlato da pochi individui figli di una generazione che aveva vergogna della lingua di Omero e ha smesso di insegnarla ai figli, per concedersi la speranza di un futuro migliore, in una società in cui la lingua dei poeti è stata scalzata da quella della televisione. Un idioma antichissimo sporcato da lingue piovute dall’alto e da dialetti subalterni cresciuti spontanei nel campo sublime seminato dai greci come il calabro e il pugliese. La tragedia di Edipo è ambientata in una città ridotta al lumicino, arida, sterile, in decomposizione. Eppure Sofocle guida lo spettatore verso una luce interiore che si manifesterà a Colono, nel bosco sacro in cui Edipo verrà letteralmente assorbito dagli dei. La tragedia perfetta della quale Aristotele si serve costantemente come modello ideale nel corso della sua trattazione teorica. Tragedia freudiana per antonomasia. Archetipo stesso di qualsiasi tragedia.
Ripartiamo dalle crudeli visioni di Artaud:
È stupido rimproverare alle masse di non avere il senso del sublime, quando si confonde il sublime con una sua manifestazione formale, che oltretutto è sempre una manifestazione morta. Se per esempio la folla contemporanea non capisce più Edipo re, oserei dire che è di Edipo re la colpa, non della folla.
Come consegnare Edipo alla folla contemporanea nella sua funzione primigenia di pharmakos? Capro espiatorio espulso dalla stessa città che lo aveva salutato come re. Come rendere Sofocle accessibile a tutti? Come elaborare il lutto per la perdita della polis e del sacro? Come liberare Edipo dalla sua colpa? Edipo, il fortunato salvatore della polis che risponde a un indovinello per bambini. Edipo, l’incestuoso e il parricida. Edipo, che ha il coraggio supremo di voler conoscere sé stesso. Edipo che rinnega gli dèi e i veggenti, Edipo che discende alle radici marce del suo albero genealogico, si riconosce e si acceca gli occhi. Non per punirsi ma per acquisire una vista profetica. Privato della vista esteriore finalmente Edipo vede il suo cammino senza perdere la sua umana fragilità. Vaga nelle tenebre in cerca della sorgente di luce. Cammina senza guida in direzione del bosco caro alle Eumenidi e in un bagliore luminoso si congiunge agli dei, conquistando così, come Krishna, la liberazione da questo mondo materiale.
VENERDÌ 24 OTTOBRE
H 23 CHIESA DI SAN PIETRO IN CASTELLO
ŠIROM IN CONCERTO
Una delle band più acclamate del momento. Iztok Koren, Samo Kutin e Ana Kravanj suonano un folk "immaginario" e "proveniente da un universo parallelo" come amano dire loro stessi; o un "folk che sembra folk ma non lo è", come ha scritto qualcun altro. D'altronde è già detto tutto nel loro nome: in sloveno širom significa "andare lontano" e "dappertutto" e questa ampiezza semantica rende bene l'idea di una musica in movimento, capace di cogliere e intrecciare modi e influenze eterogenee, riportando la molteplicità a sintesi. Nel repertorio del trio trova espressione un corpo sonoro vastissimo che non solo attinge alla tradizione (viola, ocarina, mizmar, ribab, daf, balafon, guembri, banjo, ghironda, liuto, tambura bra?, carillon) ma si avvale anche di oggetti autocostruiti. A dispetto di tale ricchezza strumentale, il sound rimane minimalista e ha un che di sciamanico, muovendosi nella dialettica tra oscurità e luce, mistero e rivelazione. Le loro performance sono magnetiche e coinvolgono gli ascoltatori in un'esperienza rituale, potente e immersiva. The liquified throne of simplicity (uscito nel 2022 per Tak:til / Glitterbeat) è 3° disco dell'anno per “Blow Up” e top 50 del 2022 per “Rumore” ed è finito in tantissime playlist di addetti ai lavori. Il concerto presenta brani dall’album in uscita a ottobre, ancora una volta per tak:Til, sussidiaria di Glitterbeat, intitolato In the wind of night, hard-fallen incantations whisper.
SABATO 25 OTTOBRE
H 12 RIDOTTO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
NINO GVILIA IN CONCERTO
Nino Gvilia (alter ego di giulia deval) è un personaggio immaginario. Stando a cenni biografici trovati in rete, è nata nei pressi del lago di Paliastomi, in Georgia, ma ha da sempre condotto una vita errante, raccontata nello pseudo film Songwriting in times of a global crisis. Nino Gvilia canta di foreste, corpi che si amano in modi inconsueti e allucinazioni e si domanda anacronisticamente se le folk songs possano ancora veicolare contenuti sentimentali e politici agendo sul nostro desiderio. Essendo una finzione, Nino Gvilia è una disidentificazione esplicita che il corpo che la impersona compie nei confronti di un “io” scenico e digitale; un modo per sostituire la costruzione di un sé artistico coerente – imposto dal mercato culturale e dai social – con una costruzione letteraria totalmente fake. La musica di Nino Gvilia è influenzata da folk e minimalismo, fa uso di nastri magnetici, field recordings, voci di filosofe, una serie di strumenti bizzarri dalla texture vintage e canoni corali. Con lei sul palco l’ensemble che ha lavorato alla realizzazione del doppio album Nicole / Overwhelmed by the Unexplained, uscito per Hive Mind Records (UK) lo scorso 8 marzo composto da Zevi Bordovach (tastiere, harmonium, voce), Pietro Caramelli (chitarra, elettronica, voce), Giulia Pecora (violino, voce), Clarissa Marino (violoncello, voce). Paolo Bertazzoli è alla cura dei suoni.
SABATO 25 OTTOBRE
H 15.30 PINACOTECA CIVICA SALA DELLA VITTORIA
DEDICA
di e con Sara Sguotti musica Pierpaolo Vacca produzione Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni
Dedica è un progetto ideato da Sara Sguotti che si sviluppa attraverso l’invito a instaurare un dialogo autentico con uno spazio fisico e un suono unico, esclusivo e irripetibile. Ogni volta, la struttura dell’opera è profondamente influenzata e modellata dall’ambiente in cui prende vita, trasformandosi in una partitura che si lascia guidare dall’architettura dello spazio stesso. L’incontro con il luogo, il pubblico e il suono genera un’atmosfera carica di significato, una sorta di rituale magico in cui l’intimità diventa il veicolo per una riflessione profonda e personale. Lo spazio si trasforma in un contenitore di emozioni e percezioni, che invita il pubblico a partecipare ad un dialogo privato e collettivo al tempo stesso. La sincerità dei gesti si manifesta in un’esperienza che trascende la mera visione. Gli spettatori sono infatti chiamati a dedicarsi all’opera in modo intimo e soggettivo, rispondendo a ciò che vedono e sentono con la loro sensibilità personale. Dedica mira a ristabilire una forma di comunicazione concreta, reale e tangibile, che non teme l’eventualità del fallimento e che, anzi, accoglie l’adattamento immediato come parte integrante del processo creativo. Il progetto diventa così un omaggio a noi stessi, una celebrazione del nostro percorso di adattamento continuo, spesso inevitabile, ma capace di generare un piacere sottile e profondo. È una Dedica a noi e al piacere costretto dell’adattamento
SABATO 25 OTTOBRE
H 17 TEATRO DEI FILARMONICI
MAMMUT VITA E MORTE DI UN'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
drammaturgia Rodolfo Ciulla regia collettiva Fartagnan Teatro con [in o.a.] Federico Antonello, Luigi Aquilino Maria Canal, Giacomo Vigentini voce Massimiliano Setti responsabile di produzione Serena Tagliabue produzione Fartagnan Teatro con la supervisione artistica e organizzativa di Carrozzeria Orfeo
spettacolo vincitore del bando Giving Back 2024 di Carrozzeria Orfeo spettacolo vincitore del bando Theatrical Mass 2024 di Campo Teatrale
Ambientato in un futuro non molto lontano, dove la colonizzazione di Marte è diventata un’enorme speculazione edilizia, lo spettacolo racconta di Fred, frustrato agente immobiliare impegnato a rimettere ordine nella propria vita. In perenne stato di burn out, Fred vive e lavora incessantemente, rinchiuso in un appartamento di una grande città, insieme alle sue Intelligenze Artificiali (A.I.) dall’aspetto umanoide. Tra i suoi oggetti più preziosi c’è Mammut, un dispositivo avanzato che simula il carattere e rielabora i ricordi del suo migliore amico, la cui morte è stata la causa di un tracollo emotivo. Insieme a lui convive Sonny, una sofisticata A.I., specializzata nell’assistenza agli esseri umani, che lo affianca sia nel lavoro che nella cura della salute, anche contro la sua volontà. Con loro vive Elettra, la domotica di casa, sempre pronta a eseguire tutti i desideri di Fred, senza battere ciglio. Oltre alle pressioni lavorative, la vita di Fred è disturbata dalle continue incursioni del cognato Gonzalo, un geniale scienziato che sogna di vincere il Nobel, costruendo un’intelligenza artificiale dotata di coscienza, così da poter riconquistare l’amore e le attenzioni della moglie Iris. L’equilibrio quotidiano di Fred viene messo in crisi quando Sonny comincia a sviluppare una passione insolita per la comicità e a manifestare segni di una propria volontà. Mammut, terza commedia di Fartagnan Teatro, che conclude la trilogia distopica iniziata nel 2017 con lo spettacolo APLOD, vuole esplorare con toni comici e a volte grotteschi il tragico rapporto fra l'uomo e le intelligenze artificiali e grazie al potere della risata indagare in modo leggero - ma non superficiale - la ricerca della propria identità in un mondo sempre più automatizzato e alienante. Lo spettacolo nasce grazie alla vittoria dei bandi Giving Back promosso da Carrozzeria Orfeo, con il sostegno di una fitta rete di realtà produttive teatrali nazionali e Theatrical Mass promosso da Campo Teatrale.
SABATO 25 OTTOBRE
H 19 CHIESA DI SAN PIETRO IN CASTELLO
IVAN E I CANI
testo Hattie Naylor traduzione Monica Capuani voce registrata in russo Laura Pasut Rosellini light design Simona Gallo scenografia Paola Villani costumi Simona D’Amico aiuto regia Elvira Berarducci performer, sound design e regia Federica Rosellini management Vittorio Stasi produzione Cardellino srl si ringrazia Trac centro di residenza teatrale / Factory compagnia diritti di rappresentazione a cura dell’Agenzia Danesi Tolnay direzione generale Maria Laura Rondanini
Ivan racconta una storia che gli è successa quando aveva quattro anni. La racconta come fosse ora. Come una fiaba dei fratelli Grimm. O come Il libro della giungla. È una storia vera, invece, accaduta a un bambino nella Russia degli anni Novanta, la Russia poverissima di Boris Eltsin. La gente era così povera, racconta Ivan, che i padri e le madri cominciarono a sbarazzarsi di quello che nelle case mangiava, beveva e aveva bisogno di cure. I primi a essere abbandonati furono i cani. La madre di Ivan ha un uomo che la picchia quando si riempie di vodka fino agli occhi. Ivan è un incomodo, quest’uomo vorrebbe che se ne andasse e un giorno Ivan lo fa. Indossa un cappotto pesante, i guanti di lana, si mette in tasca due pacchetti di patatine ed esce per le strade di Mosca. Trovare un posto dove dormire è difficile. Fa freddo, la gente che gira sembra ti voglia sbranare. Nessuno fa più l’elemosina, non c’è più spazio per la pietà. Comincia un’odissea che si concluderebbe presto con la morte, se Ivan non incontrasse delle creature buone, anime affini che lo accolgono tra loro e gli regalano la sopravvivenza ogni giorno. Una muta di cani randagi. Ma è solo l’inizio della storia. Hattie Naylor è una drammaturga inglese, co-fondatrice della compagnia Gallivant. Ivan e i cani, candidato all’Olivier Award nella categoria Outstanding Achievement, è stato rappresentato in Inghilterra, Olanda, Belgio, Stati Uniti, Georgia, Grecia e Brasile. Federica Rosellini, musicista e performer, sola sul palco con la sua strumentazione elettronica, dice e compone, contemporaneamente, mescida la voce della propria madre registrata in russo con melodie, nenie e pulsazioni ritmiche, traccia con le dita la partitura sonora nella quale si perde con le parole e con il corpo. Fa di Ivan e i cani un “a solo” dolce e disperato; uno spettacolo sporco, solitario, tenerissimo; un canto d’anima intimo, personale, ma capace di raccontare, inaspettatamente, l’infanzia di tutti noi.
SABATO 25 OTTOBRE
H 21.15 TEATRO VENTIDIO BASSO
AUTORITRATTO
di e con Davide Enia musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri luci Paolo Casati suono Francesco Vitaliti si ringrazia Antonio Marras per gli abiti di scena co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa, Accademia Perduta Romagna Teatri Spoleto Festival dei Due Mondi
Io non ho nessun ricordo del 23 maggio 1992. Non ricordo dove fossi, con chi, quando e dove ho appreso la notizia della bomba in autostrada che ha ucciso il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e alcuni agenti della scorta. I miei parenti, i miei amici, i miei compagni, tutte le persone che conosco hanno un chiaro ricordo di quel giorno. Io ho un vuoto che non si riempie. Le mie difese emotive hanno operato una rimozione tanto profonda quanto dolorosa. Ma non è la rimozione una degli effetti della nevrosi? In Sicilia praticamente tutti abbiamo avuto, almeno fino alle stragi, un rapporto di pura nevrosi con Cosa Nostra. È un discorso che ha a che fare con la coscienza collettiva condivisa, con la pratica del quotidiano, con strutture di pensiero millenarie. Per diverse ragioni, da noi la mafia è stata minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata. Ovvero: non è mai stata affrontata per quello che è. E, a questo sfocamento dell’oggetto da studiare, è corrisposta una inconscia introiezione di quelle identiche modalità di comportamento, stesse pratiche, simili scatti emotivi. Per uno sguardo che indugia su un particolare, a Palermo può partire un aggàddo, una rissa. Il padre che impone al figlio l’iscrizione a una data facoltà universitaria moltiplica la logica del patriarca cui si deve obbedire. La difficoltà di nominazione del desiderio e la conseguente consegna alla dittatura del silenzio rende la logica del Potere pronta ad aggredire e a imporsi con maggiore facilità. Questo è quindi uno dei problemi che abbiamo con Cosa Nostra: in una maniera dolorosa e sconcertante, a volte la mafia rappresenta uno specchio della nostra vita familiare, dei nostri processi decisionali e operativi, del nostro modo di osservare il mondo e intendere le relazioni, del nostro rapporto con la religione. Sono tutte operazioni che scavano a livello inconscio, e che proprio nella comune base linguistica creano le prime cicatrici emotive. In una culla culturale in cui «’a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice”», la miglior parola è quella non detta, che si configura come prima soglia dell’omertà, affrontare per davvero Cosa Nostra significa iniziare un processo di autoanalisi. Non volere quindi capire in assoluto la mafia in sé, quanto cercare di comprendere la mafia in me. Questo assunto configura così una necessaria intelaiatura biografica nella costruzione del testo. A Palermo tutti quanti abbiamo pochissimi gradi di separazione con Cosa Nostra. Il primo morto ammazzato l’ho visto a otto anni, tornando a casa da scuola. Conoscevo il giudice Borsellino, abitava di fronte casa nostra, sono cresciuto giocando a calcio con suo figlio. E padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, era il mio professore di religione al liceo. Come me, i miei amici, i miei compagni, i miei concittadini, tutti quanti abbiamo toccato con mano la mafia. Tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra. Ecco una costante dei palermitani: sentirsi ovunque costantemente in pericolo. La nevrosi è inscritta nel nostro orizzonte degli eventi. Lo spettacolo poi prenderà in esame un caso particolare, un vero e proprio spartiacque nella coscienza collettiva: il rapimento e l’omicidio di Giuseppe di Matteo, il bambino figlio di un collaboratore di giustizia, rapito, tenuto per 778 giorni in prigionia in condizioni spaventose e infine ucciso per strangolamento per poi venire sciolto nell’acido. Una storia disumana che si configura come l’apparizione del male, il sacro nella sua declinazione di tenebra. Siamo in presenza dell’orrore, di una ferocia smisurata, di una linea di azioni così abiette da essere impossibile ogni aggettivazione. E su tutto vibra il sacrificio di una vittima innocente. La verticalità della vicenda ha in sé tutti i requisiti della tragedia, soprattutto nella formulazione di domande che non possono avere risposte. Gli strumenti linguistici a disposizione per affrontare questo lavoro sono quelli che il vocabolario teatrale ha costruito nella mia Palermo: il corpo, il canto, il dialetto, il pupo, la recitazione, il cunto. È dentro questo linguaggio circoscritto che questo problema linguistico va affrontato, sviscerato, interrogato, risolto. Questo nuovo lavoro è una tragedia, una orazione civile, un processo di autoanalisi personale e condiviso, un confronto con lo Stato, una serie di domande a Dio in persona. Per questo, questo lavoro è un autoritratto al contempo intimo e collettivo. Davide Enia SABATO 25 OTTOBRE
H 23 CHIESA DI SANT’ANDREA
SCONFINAMENTI DIALOGO TRA MUSICA E DANZA
con Rodrigo D'Erasmo e Nicola Galli produzione Fondazione Teatro Ponchielli di Cremona, TIR Danza
Sconfinamenti è l'incontro tra due eclettici artisti della scena italiana, due mondi che si dischiudono per la prima volta nella totale assenza di prove generali. In uno spazio di improvvisazione Nicola Galli, esponente dell’attuale nouvelle vague della danza contemporanea italiana, e il compositore e violinista Rodrigo D’Erasmo (membro della band Afterhours) dialogano sulla soglia dei rispettivi linguaggi artistici per comporre una partitura coreografico-sonora nell’istantaneità del gioco. Tra sincronie e punti di fuga prende forma un percorso che, intrecciando suono e movimento, si dischiude in un invito a superare il confine del proprio territorio e a contaminarsi per trovare nella reciprocità uno spazio permeabile all’ascolto.
ABBONAMENTI DAL 10 SETTEMBRE
ABBONAMENTO INTERO FESTIVAL [9 spettacoli] 50 euro ABBONAMENTO A TEATRO [4 spettacoli: Teatro Ventidio Basso e Teatro dei Filarmonici] 30 euro
BIGLIETTI DAL 24 SETTEMBRE vendita biglietti per tutti gli spettacoli
Chiesa di San Pietro in Castello, Chiesa di Sant’Andrea 10 euro Pinacoteca, Ridotto del Teatro Ventidio Basso, Teatro dei Filarmonici 8 euro Teatro Ventidio Basso 12 euro
INFORMAZIONI, PRENOTAZIONI & PREVENDITE BIGLIETTERIA DEL TEATRO PIAZZA DEL POPOLO 0736 298770 dal lunedì al sabato dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30 AMAT 071 2072439 www.amatmarche.net VENDITA ONLINE www.vivaticket.com L’acquisto online comporta un aggravio del costo in favore del gestore del servizio.
BIGLIETTERIA PRESSO I LUOGHI DI SPETTACOLO aperta mezz’ora prima dell’inizio
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