Torre San Patrizio è un piccolo comune della media Valtenna  a 225 m s.l.m che ha sempre dimostrato un carattere per metà forte e coraggioso come un leone e per metà austero e desideroso di elevarsi come una torre. Questi sono infatti i simboli che formano il suo stemma e che sintetizzano la sua storia, caratterizzata da alterne vicende storiche spesso distruttive per difendere la propria identità ed autonomia.

Questa volontà di tutelare le proprie origini e salvaguardare la propria terra è ancora vivida nell’animo dei torresi ed è riscontrabile in ogni iniziativa culturale, sociale, ricreativa cittadina, sino diventa forse . E forse è proprio questo spirito che fa di Torre San Patrizio un comune da imitare soprattutto per quanto riguarda alcuni progetti specifici: quello ambientale con il quale è tra i migliori comuni “ricicloni” della regione Marche e quello che lega i suoi beni artistici interamente restaurati dal 2013, in cui spicca tra le altre opere quella pittorica dell’Alemanno e del Pagani.

I suoi 11,92 kmq di territorio collinare attraversato dal fiume Ete ospita un fiorente artigianato composto anche da piccole industrie ed il settore manifatturiero con circa 80 aziende, che operano per la maggior parte nel campo della produzione delle calzature e le loro parti accessorie, formano il tessuto economico torrese. L’agricoltura mantiene buone attività: sono presenti circa 130 aziende che coltivano ed allevano eccellenze marchigiane, dal vino all’olio sino ai prodotti legati all’apicoltura. Torre San Patrizio nonostante la piccole dimensioni offre tra le attività commerciali anche una rinomata attività di intrattenimento danzante ed alcune realtà in cui poter gustare prodotti tipici locali. Una visita merita il parco in collina San Venanzio: unico polmone verde di questa zona di 3 ettari, in cui vi è la Villa Zara.

Il fervore torrese trova riscontro soprattutto per quella fetta di cittadini più giovani che riescono ad ottenere risultati da campioni, non solo in ambito sportivo, ma anche nel coinvolgimento cittadino e forestiero durante le feste, rassegne teatrali, e manifestazioni in genere che popolano e veicolano il proprio comune. Torre San Patrizio, “la nostra casa sull’Adriatico”.

(Giuseppe Barbabella)

Oltre mille anni di arte e tradizioni indelebili. Un patrimonio da ammirare

Di Torre San Patrizio si ha traccia fin dall’epoca picena e quella imperiale romana, grazie a dei reperti di tombe del 7°-6° secolo  rinvenuti in località San Patrizio (1934) e l’iscrizione Turris Patritia in un affresco presso il convento di San Francesco, sito tra Fermo e Falerone. Grazie forse ai monaci benedettini farfensi attorno all’anno 1000 conquistò il toponimo di “Colli Patritii”, ad indicare il luogo su cui sorgeva. Solo in seguito venne accostato il nome di un santo (Collis Santi Patritii) e non più tardi del tredicesimo secolo fu eretto a Comune: Turris Sancti Patritii. Ripetutamente protagonista di scontri contro il Papato per costituirsi come libero comune e sottomessa alle varie Signorie che governarono a Fermo, Torre San Patrizio dopo battaglie sanguinarie ed incendiare poté ritrovare solo dal diciottesimo secolo un periodo di pace, di gioia per le feste paesane e di campagna, con il ritorno ai lavori agricoli, il rifiorire delle arti e dei mestieri ed una serena pratica religiosa. Un’atmosfera che ancora è rimasta vivida e contraddistingue la vita sociale e comunitaria dei torresi.

Il castello, di forma affusolata, edificato sulla sommità di un piccolo colle aveva una cinta muraria tre-quattrocentesca  di notevole fattura che è ancora oggi visibile grazie a ristrutturazioni posteriori. Tali mura di fortificazione rinserrano il vecchio incasato dall’assetto viario d’impostazione medievale e lasciano accedere al borgo antico, dal lato sud, tramite la Porta del Sole a sesto acuto. Non era l’unica porta eretta, ma l’altra (Porta da Bora) venne demolita dopo la seconda guerra mondiale. Oggi tutto ciò che ancora ci parla del passato viene rigorosamente recuperato e ristrutturato grazie ad una politica attenta al rispetto del proprio patrimonio artistico antico. Dal 2013 grazie al sostegno da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo Torre San Patrizio gode di tutti i suoi beni culturali completamente restaurato e messi a disposizione dei suoi cittadini e dei suoi ospiti forestieri. Anche grazie ai contributi europei la comunità torrese si riappropria di luoghi che sebbene oggi siano inutilizzati nella loro primaria funzione, tuttavia vengono riportati alla loro originaria bellezza per lasciarli continuare raccontare la storia della propria civiltà (come la Fonte Duglio, sistemata per il 70% con i fondi europei grazie al progetto “Percorso delle acque”).

Sulla piazza centrale (Umberto I) oltre a godere di un panorama mozzafiato, si scorgono il palazzo comunale e la chiesa parrocchiale di S. Salvatore del diciottesimo secolo che custodisce oltre a tele importanti, una Croce astile sbalzata in argento e rame di arte marchigiana del quindicesimo secolo. Di particolare interesse nella più antica chiesa della Madonna delle Rose (1446) è un affresco incorniciato in una nicchia a sesto acuto, che rappresenta la Madonna con Bambino e Santi, firmato da Pietro Alemanno, pittore italiano del Rinascimento di origine austriaca, conosciuto come uno dei più tenaci imitatori di Carlo Crivelli. Fuori le mura del castello, oggi scuola materna e media, sorge il Convento e l’annessa chiesa di S. Francesco, nella quale vi si conservano la statua lignea policroma della Madonna col Bambino (XV sec.), la scultura lignea policroma e dorata della Traslazione della Santa Casa di Loreto ed una natività attribuita al Pagani. Nella piccola chiesa di San Patrizio è presente, alla destra dell’altare, la tela risalente al 1700 sulla visitazione.

Posta sulla sommità di una collina, da cui si gode un incantevole panorama, dai Sibillini all’Adriatico, dal Colle del Conero al Gran Sasso, in mezzo ad un parco di circa 3 ettari avvolto da una rigogliosa vegetazione (sono presenti alberi secolari di allori, robinie, ligustri, olmi, querce, ecc.) vi è Casa San Venanzo. Meglio conosciuta come Villa Zara l’edificio era una vecchia cappellania diroccata, dedicata al Santo, con attiguo alloggio del prete, che venne acquistata nel 1873, insieme a duecento ettari di terreno, dal Governo italiano che l’aveva confiscata al Clero, da Arturo Galletti de Cadilhac (1843-1912), figlio del famoso Generale garibaldino, Bartolomeo Galletti (1812-1887). Sua moglie, la scrittrice inglese, Margaret Collier (1846-1928) si adoperò per trasformare la cappellania marchigiana in una residenza britannica di campagna ottenendo un risultato particolarmente suggestivo, dal quale trasse spunto per ambientarvi il suo libro “La nostra casa sull’Adriatico”, che ci restituisce uno spaccato di come era la vita nel fermano a fine 800.

(Mariateresa Ferroni)

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