Delle sedi occupate dagli antichi Plestini rimangono ancora consistenti tracce sulle alture che contornano i piani carsici nei luoghi topograficamente più significativi. Si tratta di insediamenti fortificati di tipo sommitale, i “castellieri”, caratterizzati da fossato ed argine ancora oggi ben visibili sul terreno. I siti risultano collegati secondo linee di avvistamento particolari facenti parte di un sistema più ampio posizionato lungo la catena appennica umbro-marchigiana. Occupati spesso da luoghi di culto e posti al centro di territori con insediamenti sparsi, si svilupparono a partire dall’età arcaica (VI sec. a.C.) e cessarono al momento della conquista romana (III sec. a.C.) quando si sviluppò uno sfruttamento più razionale delle risorse agricole nelle aree pianeggianti.
Alla seconda metà del I sec. a.C. si data l’impianto della città di Plestia i cui resti sono visibili nei pressi della Chiesa di S.Maria di Pistia sorta sulle fondamenta di un edificio romano nella zona del foro. Scavi recenti hanno riportato alla luce una grande domus con pavimenti a mosaico e pareti affrescate. La casa, composta di un atrio e due cortili colonnati e da altri ambienti di rappresentanza, svolgeva funzioni pubbliche, forse come sede delle magistrature locali. Il municipio romano doveva avere una estensione di circa 35 ettari (oggi divisi dal confine Umbria-Marche) ed era delimitato ad est dal lago Plestino, mentre uno degli assi viari principali è ricalcato da un tratto della strada provinciale Colfiorito-Taverne.
Nel corso dell’età tardo-antica la città gradualmente subì un processo di spopolamento, anche se una certa vitalità è attestata alla fine del V sec. d.C. con un vescovo (Florentius Plestinus) che partecipa ai sinodi di Roma nel 499 e 502 e, ancora, al passaggio di Ottone III del 996. Plestia rimase diocesi fino al 1006, epoca di costruzione della chiesa di cui rimane la cripta con ambiente voltato retto da 12 colonne in tre ordini. La chiesa è stata restaurata in epoca moderna con un porticato su due lati, mentre l’abside è andata perduta. All’interno è una epigrafe con dedica pubblica all’imperatore Costantino votata post mortem (337 d.C.).