Cesare attraversa il Rubicone

Febbraio del 49 a.C.

 

L'undici febbraio del 49 a.C. si verificava nelle Marche, allora Piceno, un evento di grande importanza nella storia di Roma. Gaio Giulio Cesare nella notte attraversava il Rubicone pronunciando il fatidico "il dado è tratto" (alea jacta est).

Veramente storici ed umanisti insigni come Erasmo da Rotterdam (1466 - 1536) e Plutarco (Vita di Cesare e Pompeo) parlano di "alea jacta esto", cioè "sia tratto il dado".

A noi marchigiani quello che più interessa è che Giulio Cesare descrivendo nel De Bello Civili (Lib. I, cap. V) l'impresa da lui capeggiata fa la prima descrizione geografica delle Marche che, notiamolo bene, non erano territorialmente come oggi ma a nord dell'Esino era territorio dei Senoni, successivamente territorio umbro.

L'esercito di Cesare era costituito solo da trecento cavalieri e da cinquemila fanti; si ingrossò durante l'attraversamento della regione marchigiana. Il Rubicone che Cesare attraversò era il confine tra l'Italia vera e propria e la Gallia Cisalpina. Nessun contingente militare lo poteva attraversare in armi senza l'autorizzazione del Senato Romano. Sembra che al tempo dei Gracchi (II secolo a.C.), il confine fosse rappresentato dal fiume marchigiano Esino.

Come ripeto, Cesare nel capitolo V del libro I del De Bello Civili (La Guerra Civile) fa la prima descrizione geografica delle Marche che più tardi Dante Alighieri definì come regione "che siede tra Romagna e quel di Carlo" (2, 5, 69).

"Cesare occupa Pesaro, Fano, Ancona, ognuna con una coorte. Poi Osimo dove stabilisce un punto strategico per occupare tutto il Piceno... Percorre tutto l'agro piceno che gli si dà spontaneamente. Saputo dell'arrivo di Cesare, i Decurioni di Osimo si adunano numerosi da Azzio Varo e lo informano che né essi né gli altri cittadini si possono permettere di tener lontano dalla città Cesare, benemerito della Repubblica".

Parlando di Cingoli da cui proveniva Tito Labieno, da noi conosciuto sui banchi di scuola quando si traduceva il De Bello Gallico, dice: "... anche da Cingoli, città che Tito Labieno aveva costruito, vengono ambasciatori desiderosi di porsi ai suoi ordini." Ricordiamo qui per inciso che Tito Labieno fu il braccio destro di Cesare nella Guerra Gallica. Cesare parla poi di Fermo e di Ascoli: "presa Fermo e cacciato Lentulo si dirige su Ascoli dove si ferma per un giorno per fare rifornimenti di frumento; da qui si dirige su Corfinio".

Fin qui la descrizione di Cesare ma essa viene integrata da una lettera di Cicerone a Domizio Enobardo dove si parla di una sosta di Cesare a Castro Truentino (grosso modo l'attuale Porto d'Ascoli): "Non sai che Cesare venuto da Fermo si è fermato a Castro Truentino?" Quod audieris, Caesarem Firmo progressum in Castrum Truentinum venisse? (Lettere ad Attico, libro VIII, 12).

Siamo nel febbraio 2003. Da secoli riecheggia nella storia il "Dado è tratto" o meglio, come detto, il "Dado sia tratto"; da secoli e più precisamente da 2052 anni si legge in tutto il mondo umanistico e culturale il passo di Cesare sopra riportato. La prima descrizione della geografia delle Marche è lì "aere perennis", sgorgata dalla penna (o meglio dallo stilo) di Cesare la cui fama e la cui gloria "durerà quanto il mondo lontano" (Dante 1, 2, 60).

 

Gabriele Nepi

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