L’organo è posto sopra l’ingresso in cantoria lignea. Arrivato a Comunanza nel 1827, periodo della ricostruzione della Chiesa Matrice, proveniente dalla Basilica di Loreto.
Riscoperto nel 2003, visitato dai più grandi organologi viventi, lo strumento di Comunanza, è unico nel suo genere, di straordinario interesse e valore, non solo nel quadro dell’arte organaria marchigiana, ma sens’altro di quella italiana, ed addirittura europea. Sono molti i motivi che rendono unico questo strumento: per primo l’antichità e la stratificazione storica, possiede il nucleo originale del XVII° secolo che consiste nella grande tastiera superiore da 62 tasti con controttava e relative canne di facciata ed interne; la seconda tastiera di 54 tasti e relativo corpo d’organo del XVIII° secolo è attribuito a Giovanni e Domenico Fedeli di Camerino;
Il terzo intervento del 1858 del Cioccolani di Cingoli, vide la ridistribuzione delle canne di facciata a cuspide con ali laterali e l’aggiunta di campanelli e grancassa secondo il gusto concertistico del periodo. Sottolineiamo inoltre, che il nostro strumento è tra i pochissimi organi autenticamente barocchi, è anche l’unico con due tastiere e registri da concerto ad ancia e labiali, possiede delle canne antiche, alcune praticamente uniche per foggia come il violoncello a “gladio” e il flauto “Cornuto”. Ma soprattutto ciò che rende prezioso l’organo di Comunanza è il fatto di essere l’unico barocco sopravvissuto, sfuggito alla “distruzione” della scuola organaria veneta, che ha in Gaetano Callido il più grande esponente, proprio perché” reciclato” in un piccolo centro e soggetto all’”abbandono conservativo.
Lo strumento è attualmente in restauro presso la bottega dei noti Organari Bathélémy e Michel Formentelli con laboratori a Verona e Camerino.