San Severino Marche è un comune di 13.300 abitanti dell’alta valle del Potenza, in provincia di Macerata, ricco di valori storici e artistici. Il territorio, assai vasto, comprende, oltre alla sede comunale, ben 39 frazioni, molte delle quali a loro volta rivestono interesse dal punto di vista artistico o paesistico. Tra esse si segnalano le suggestive località di Elcito e Pitino. Per lungo tempo fu sede di un governatorato, il che ne fa una delle tante piccole "autonomie" delle Marche.
Dalla Preistoria al XII secolo
I primi insediamenti umani nel territorio di S. Severino risalgono alla Preistoria. Nella frazione di Stigliano sono stati rinvenute infatti testimonianze del Paleolitico inferiore. I Piceni vi stabilirono un centro abitato su un’altura presso Pitino. In altri luoghi del territorio sanseverinate sono state trovate ben tre necropoli databili tra il VII e il V secolo a.C.
Con la conquista romana del Piceno sorse sul fondovalle una città chiamata Septempeda, di cui sono stati rinvenuti resti di mura, terme, strade, case private. Da alcune iscrizioni è noto che nei suoi pressi sorgeva un tempio dedicato a Feronia, divinità che presiedeva all’affrancamento degli schiavi. La città dovette subire saccheggi durante le invasioni barbariche e la successiva guerra greco-gotica, ma non andò mai completamente distrutta. Dopo l’introduzione del Cristianesimo, avvenuta forse per opera di S. Marone, Septempeda ebbe i suoi vescovi, il primo dei quali di cui si ha notizia è Severino, vissuto nel VI secolo.
Risale a questo secolo l’edificazione, sui resti di un tempio pagano, della cripta della più antica chiesa di San Severino, San Lorenzo in Doliolo, mentre la parte superiore dell’edificio sarebbe stata costruita dai monaci benedettini dell’attiguo convento dopo il Mille.
In epoca longobarda il territorio settempedano fu sede di gastaldia (una sorta di divisione amministrativa), il che prova la sua perdurante importanza anche in quel secolo oscuro che fu il VII d.C., ma un colpo tremendo deve esserle stato inferto da un’incursione di Saraceni avvenuta tra l’840 e l’850.
Nel X secolo si andò costituendo un nuovo centro sul colle chiamato Monte Nero, dove fu eretta la chiesa dedicata a S. Severino (di cui ospitava le spoglie), menzionata in un diploma del vescovo di Camerino Eudo datato 944. La chiesa, oggi nota come Duomo Vecchio, sarebbe stata ampliata nel 1197. Lo stesso documento attesta anche il cambiamento di nome della cittadina, che si chiama ora San Severino, dal nome del suo venerato vescovo. Anche nel secolo successivo il territorio sanseverinate risulta compreso nella giurisdizione di Camerino.
Il Comune e la signoria
Intorno al 1170 fu fondato il libero Comune, con a capo due consoli. Il Comune definì e accrebbe il proprio territorio in parte con acquisti avvenuti nella seconda metà del Duecento (i castelli di Aliforni, Elcito, Frontale e Isola), in parte sostenendo dure lotte con le città vicine, soprattutto per il possesso dei castelli di Carpignano, Gagliole e Pitino. Quest’ultimo, particolarmente ambìto per la sua posizione strategica, fu acquisito da San Severino nei primi anni del Trecento. Ne restano ancora oggi imponenti rovine: la porta di accesso, il torrione e parte delle mura.
Nel XIII secolo fu edificata l’alta Torre comunale presso il Duomo Vecchio che caratterizza il profilo di San Severino ancora oggi.
Nelle lotte tra guelfi e ghibellini San Severino parteggiò a lungo per i ghibellini, fino alla caduta di Manfredi. Pur essendosi assoggettata alla S. Sede, la città continuò a sostenere varie ribellioni contro di essa, soprattutto nel periodo avignonese. Infine, con la ripresa della Marca da parte del cardinale Albornoz, una famiglia di parte guelfa, gli Smeducci della Scala, originaria del castello di Truschia, stabilì la sua signoria a San Severino.
Il capostipite della dinastia, Smeduccio, già insignoritosi nel 1331 e cacciato dalla città otto anni più tardi, si diede a imprese militari appoggiandosi ora a questo ora a quel condottiero, per far ritorno a San Severino come "vicario pontificio" nel 1359. Per rendere chiaro quale sarebbe stato il suo stile di governo scelse come stemma un morso di cavallo. Nel 1372 gli successe per soli due anni il figlio Cola, seguito dall’altro figlio Bartolomeo, anch’egli duro uomo d’armi, per un certo tempo al servizio di Firenze. Numerose furono le sue imprese militari, massime tra tutte la vittoria conseguita contro il signore di Camerino Rodolfo da Varano presso Tolentino. Tuttavia Bartolomeo fu vittima di una congiura ordita dai nipoti Onofrio e Roberto, che nel 1388 riuscirono ad allontanarlo dal governo della città. Onofrio in particolare ne prese le redini, riuscendo a barcamenarsi tra i partiti avversi che operavano nella Marca e a ottenere per altri dieci anni il titolo di vicario pontificio. Morì nel 1413. Durante la sua signoria, caratterizzata da una notevole prosperità economica e da contatti con varie regioni d’Italia, si affermarono i pittori Lorenzo e Jacopo Salimbeni, tra i massimi esponenti del gotico internazionale in Italia. Al primo si deve il Matrimonio mistico di Santa Caterina (1400), dipinto su tavola conservato nella locale Pinacoteca Tacchi-Venturi. Opere dei due fratelli presenti a San Severino sono gli affreschi nella cripta di S. Lorenzo in Doliolo, mentre si trovano nell’Oratorio di S. Giovanni a Urbino gli affreschi della Crocifissione e delle Storie di S. Giovanni Battista (1416), autentico capolavoro dei Salimbeni. La prosperità della cittadina era dovuta in particolare alle manifatture per la lavorazione dei panni, della carta, della lana e della seta. La costruzione della bella piazza ellittica e porticata di San Severino ha luogo negli anni della signoria Smeducci. Il convento di S. Domenico, con la chiesa oggi nota come S. Maria del Mercato, è dei primi del Trecento.
Dal Quattrocento al Novecento
Dopo un breve periodo di autorità comunale restaurata, il rettore della Marca Astorgio degli Agnesi prese possesso della città, ma fu cacciato per due volte dai sanseverinati. Poco tempo dopo, nel dicembre 1433, il condottiero milanese Francesco Sforza, deciso a costituire un suo Stato nella Marca, fu accolto trionfalmente a San Severino. Seguirono vicende assai intricate, tra le quali diversi tentativi non riusciti dei figli di Antonio Smeducci di restaurare la signoria, infine nel 1445 Francesco Sforza lasciò la Marca per far ritorno in Lombardia e San Severino tornò per sempre alla soggezione della S. Sede. Negli ultimi tre decenni del Quattrocento operò l’ultimo grande esponente della scuola pittorica di S. Severino, Lorenzo d’Alessandro, di cui si conserva una Pietà nella locale Pinacoteca.
La perdita dell’autonomia comunale portò con sé anche un certo declino economico e culturale, che tuttavia non impedì a S. Severino di ottenere, nel 1586, da papa Sisto V gli ambìti titoli di città e sede di diocesi. Nel XVI secolo, con le migliorate condizioni di sicurezza, il centro abitato si spostò sempre più verso il fondovalle. Numerosi palazzi nobiliari furono edificati nella grande, porticata piazza del mercato, oggi Piazza del Popolo, che andò assumendo le imponenti (m. 224 x 55) forme attuali. Non fu tuttavia abbandonato il centro medievale, nel quale sorgeva il Duomo antico, che fu ornato da un magnifico coro ligneo completato nel primo Cinquecento dagli abili intagliatori locali Indivini e Acciaccaferri. Dello stesso periodo è il bel chiostro a due ordini di archi che unisce la chiesa all’ex episcopio.
Al Cinquecento risalgono i due grandi santuari della Madonna del Glorioso (situato sulla strada per Cingoli) e quello della Madonna dei Lumi (1586) sulle pendici del Monte Nero, edificato in seguito un prodigioso scintillare di luci presso un pilastro su cui era dipinta l’immagine della Madonna. Alla metà del Seicento il grande santuario fu affidato all’ordine dei Barnabiti. Oggi è retto dai monaci cistercensi.
Nel 1500 nacque a S. Severino il celebre medico e anatomista Bartolomeo Eustachio (o Eustacchi). Formatosi a Roma fu per un certo periodo alla corte di Urbino, per tornare a Roma nel 1549 e assumere la funzione di archiatra pontificio. Al suo nome è legata la scoperta delle “trombe di Eustachio” nell’apparato uditivo e anche quella delle valvole delle coronarie. Autore di numerosi testi di anatomia, si spense nel 1574.
Il governatorato
Nel 1604 papa Clemente VIII sottrasse il territorio di S. Severino al legato della Marca istituendovi un “governo” a sé stante, a riconoscimento della persistente importanza della cittadina.
Tra le notevoli figure di studiosi nati a S. Severino spicca Eustachio Divini (1610-1685), costruttore di strumenti ottici (lenti, microscopi) e astronomo di fama. Pure nella prima metà del Seicento visse il sanseverinate Virgilio Puccitelli (1599-1654), autore di drammi per musica tra i più famosi del tempo.
Tra Sei e Settecento continuò l’edificazione o la ricostruzione di edifici di culto, tra cui la chiesa di S. Agostino nella piazza centrale che, costruita nel Quattrocento e ristrutturata nel 1776, alcuni decenni più tardi (1826) sarebbe diventata il Duomo Nuovo della città. Notevoli anche le chiese di S. Giuseppe, riccamente dipinta e ornata di statue dello scultore locale Venanzio Bigioli, e di S. Domenico, dall’interno seicentesco, cui è annesso un grande chiostro. Tra le costruzioni civili realizzate in questi secoli si distingue il Palazzo Municipale, edificato nel 1764 su progetto di Clemente Orlandi.
Nel 1795 Pio VI concesse la facoltà di aprire una zecca, istituzione che non durò a lungo anche a causa dell’invasione napoleonica che avrebbe colpito dopo pochi anni S. Severino e tutte le Marche.
Dall’Ottocento a oggi
Sotto il napoleonico Regno d’Italia S. Severino, annessa al Dipartimento del Musone, fu dichiarata capoluogo di cantone. Con la Restaurazione al suo governatorato furono annessi anche i territori di Tolentino, Sarnano e S. Ginesio.
Negli ultimi anni del Settecento S. Severino diede i natali a un grande architetto neoclassico che avrebbe lasciato un segno ben riconoscibile sia nella sua città natale che in diversi luoghi delle Marche e dello Stato Pontificio: Ireneo Aleandri (1795-1885). In gioventù progettò a S. Severino la Porta di San Lorenzo, il teatro Feronia (1823), le chiese di San Paolo e San Michele, la facciata del santuario di S. Pacifico e la scenografica Torre dell’Orologio in piazza del Popolo. Più tardi avrebbe realizzato lo Sferisterio di Macerata e il teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno.
Nello stesso periodo visse il pittore Filippo Bigioli (1798-1878) che operò soprattutto a Roma, ma lasciò anche diverse tele nella sua città natale, oggi conservate nel Palazzo Comunale. Nel primo Ottocento furono realizzate anche residenze di campagna di notevole valore architettonico come Villa Collio, bell’esempio di villa neoclassica con sala centrale a pianta ottagonale progettata da Giuseppe Lucatelli.
Dopo l’Unità d’Italia S. Severino seguì le vicende del nuovo stato. Nel corso del Novecento l’economia della cittadina si mantenne a vocazione agricola e commerciale, pur con qualche attività industriale sviluppatasi nella seconda metà del secolo. Durante la seconda guerra mondiale il territoro di S. Severino fu teatro di aspri scontri tra tedeschi e formazioni partigiane.
Oggi S. Severino Marche è nota per il suo centro storico, tra i più interessanti delle Marche, e come città d’arte per le importanti istituzioni che ospita: la Pinacoteca Civica “Tacchi-Venturi”, il Museo Archeologico “G. Moretti”, ospitato nell’antico episcopio, la Galleria Comunale d’Arte Moderna (nel Palazzo Comunale), il ricco Museo del Territorio, la Biblioteca Comunale “F. Antolisei” e il magnifico Teatro Feronia con la sua stagione di prosa. Il Premio Salimbeni per la storia e la critica d’arte e il San Severino Marche Blues Festival si aggiungono alle diverse manifestazioni culturali – mostre, concerti, spettacoli – che qualificano la cittadina. Oltre ai richiami dell’arte il vasto e vario territorio sanseverinate è ricco di valori paesistici, talvolta collegati a castelli e località molto suggestivi come Aliforni, Pitino, Castel S. Pietro ed Elcito.
a cura di Pier Luigi Cavalieri